Le onde d’urto sono impulsi sonori che trasportano alta energia in grado di produrre una stimolazione diretta sui tessuti trattati. Tali tessuti, quando attraversati da un livello di energia adeguato alla zona anatomica in trattamento, subiscono una sorta di “micro idromassaggio” in grado di generare tutta una serie di reazioni biochimiche con un vero e proprio effetto terapeutico.

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Le onde d’urto vengono utilizzate in campo medico da oltre 40 anni, inizialmente come mezzo terapeutico per intervenire sulla struttura dei calcoli renali, frantumandoli o riducendone le dimensioni così da agevolarne l’eliminazione. Ma la vera svolta in ambito ortopedico e riabilitativo avviene nel 1986 quando iniziano i primi studi sperimentali sull’influenza delle onde d’urto sul tessuto osseo.

Visione studio di Graff

Lo studio di Graff et al. dimostrò che il tessuto osseo degli animali trattati non aveva riportato cambiamenti macroscopici, ma tramite indagine istologica si potevano osservare delle microfissurazioni che a 2-3 settimane dall’esposizione si erano completamente rigenerate, con presenza di nuovo tessuto osseo (processo di osteogenesi). Haupt raccolse l’intuizione di Graff e dei suoi collaboratori e diede inizio a sperimentazioni (principalmente su modello animale) proprio per valutare il potenziale biostimolante delle onde d’urto, sia nella rigenerazione dei tessuti molli che rispetto al tessuto osseo.

Dagli anni ‘90 iniziano i primi trattamenti con onde d’urto extracorporee sulla tendinopatia calcifica di spalla: la comprovata efficacia permise di estendere il trattamento non invasivo anche alla fascite plantare e all’epicondilite. Il risultato fu che a un basso dosaggio energetico era possibile ottenere una concreta stimolazione della guarigione tissutale (parallelamente ad alti dosaggi corrispondevano tempi di recupero più lunghi). Inoltre da uno studio comparativo tra gli effetti del trattamento tramite onde d’urto e quelli dell’artroscopia si evince che le due metodiche sono sovrapponibili, con il valore aggiunto che la prima è una metodica non invasiva e ha una bassissima percentuale di complicanze/ effetti secondari.

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All’inizio del 2000 si è pensato di estendere l’utilizzo dell’onda d’urto anche al trattamento delle seguenti patologie:

  • Tendinite rotulea (“ginocchio del saltatore”)
  • Osteocondrite dissecante
  • Necrosi avascolare della testa del femore

Di recente le onde d’urto extracorporee hanno trovato applicazione anche in medicina estetica nel trattamento della cellulite e dell’adiposità localizzata.

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Esistono due tipi di onde d’urto:

  • RADIALI
  • FOCALI

Le onde d’urto radiali si irradiano su una intera superficie, le onde d’urto focali concentrano la loro energia in uno specifico punto dell’area in trattamento.

SHOCKWAVE DUAL POWER rappresenta l’evoluzione delle onde d’urto “monomodali” poiché utilizza un approccio “multimodale” cioè sfrutta l’effetto di più energie (Tecar e ShockWave)

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Sicuramente l’acqua, resa disponibile dall’effetto Tecar che, generando movimento di cariche ioniche, rende disponibile l’acqua interstiziale e favorisce l’aumento di flusso sanguigno nella zona trattata. La presenza di acqua all’interno dei tessuti da trattare favorisce quindi la propagazione delle onde d’urto, rendendo il processo meno doloroso.

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Non esistono prove scientifiche che dimostrino la capacità delle onde d’urto di rompere le calcificazioni localizzate a livello di tendini, legamenti e articolazioni, al contrario, l’effetto principale è la NEOANGIOGENESI (processo di formazione di nuovi vasi sanguigni necessari all’aumento di vascolarizzazione dei tessuti in trattamento, indispensabile ai processi riparativi e quindi alla guarigione)

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Tutto questo produce diversi vantaggi nell’utilizzo di questo macchinario:

  • Trova indicazione al trattamento anche di aree in cui le onde d’urto tradizionali sarebbero controindicate, come sulla colonna vertebrale o su lesioni del tessuto muscolare
  • Possibilità di velocizzare i processi di guarigione/ rigenerazione cellulare grazie alla veicolazione transdermica (attraverso il derma) delle molecole necessarie ai processi riparativi sistemici
  • Riattivazione del microcircolo superficiale linfatico e vascolare per opera della vasodilatazione capillare
  • Facilita il riassorbimento degli edemi
  • Riduzione delle contratture e degli spasmi muscolari
  • Aumento della conduzione nervosa
  • Aumento dell’estensibilità del collagene per riduzione della viscosità
  • Accelerazione dell’attività enzimatica
  • Biostimolazione: rigenerazione cellulare (ritardi di consolidamento, pseudoartrosi, lesioni tendinee e muscolari) 
  • Effetto nutritivo/ trofico sulle strutture biologiche interessate dal trattamento
  • Effetto antiedemigeno e drenante
  • Rapido ritorno all’attività funzionale

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Il tessuto osseo risulta il tessuto biologico in cui gli effetti dell’onda d’urto sono più delineati poiché su questo agisce in modo diretto generando effetti di “rimodellamento osseo” e anche migliorandone la vascolarizzazione, tuttavia, l’utilizzo delle onde d’urto trova particolare indicazione nei casi di:

  • Capsulite adesiva della spalla (Frozen Shoulder)
  • Calcificazioni
  • Epicondilite
  • Epitrocleite
  • Pubalgia
  • Spasticità muscolare
  • Pseudoartrosi
  • Condropatia femoro- rotulea
  • Fascite plantare
  • Spina calcaneare
  • Neuroma di Morton
  • Tunnel tarsale
  • Ritardi di consolidamento osseo (ad esempio in seguito a frattura
  • Artropatie cronico- degenerative
  • Tunnel carpale
  • Entesite (infiammazione della parte terminale del tendine che si inserisce direttamente sull’osso)
Testo di Maria Civita Sepe

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